Aprile 2011.
In libreria è presente un nuovo volume, tre saggi, tre autori eccezionali: Danilo Arona, Selene Pascarella e Giuliano Santoro. Non solo. Il libro è impreziosito da una gustosa intervista a George Romero dello studioso Paolo Zelati.
Insomma, finalmente un saggio straordinario, ricco di sorprese e di regali, cultura a 360°, per noi voraci fruitori, zombie musi-cine-letterari, affamati di vera cultura.
Il titolo è L’alba degli zombie, voci dell'Apocalisse: il cinema di George Romero.
L’opera, oltre a essere una vera miniera d’informazioni sul cinema di Romero e non solo (il sottoscritto ringrazia calorosamente), è veramente illuminante nel delineare e sviscerare la figura dello zombie, la sua iconografia, le ragioni culturali, economiche e sociali che hanno portato questo mostro, questo amabile buontempone, a popolare le nostre metropoli.
Ma cosa si può trovare in questo fantastico saggio?
Innanzitutto il libro descrive, attraverso alcune milestone, la storia di questi simpatici non-morti attraverso il cinema, la letteratura, la filosofia, le scienze sociali, la cultura popolare. Il volume individua una data cardine, il 1968, con il capolavoro The night of the living dead.
Ci si trova subito di fronte a una seria analisi molto approfondita da cui si originano diverse direttrici che vengono successivamente ampliate nelle pagine che seguono. Infatti i film "of the living dead" vengono sapientemente analizzati in tutte le loro componenti, dalla trama, alle scelte estetiche dei registi, alle implicazioni politico-religiose e morali, al sistema economico, al problema etico, tutto quanto ha determinato la nascita, ovvero l’alba dell’icona-zombie.
Ho trovato veramente illuminante l’analisi socio-antropologica di questa icona, ravvisando dei collegamenti con il lavoro dell’antropologo Michael T. Taussig, professore alla Columbia University e autore del testo The Devil and Commodity Feticism in South America. Questo testo parla del movimento sindacale dei contadini nella valle di Cauca dove è stata introdotta forzatamente la monocultura della canna da zucchero già dall’epoca colonialista spagnola e mostra come da questa frizione sociale, dall’epoca del colonialismo a oggi, scaturisca la figura del Demonio, El Tio, come viene affettuosamente chiamato dagli autoctoni. L’alba degli Zombie cita espressamente proprio l’esempio delle popolazioni coinvolte nella monocultura della canna da zucchero accomunandole a quelle presenti ad Haiti, delineando una particolare e illuminante analisi di antropologia comparata relativa al ruolo dell’icona-zombie all’interno delle società.
Provo ad approfondire quest’aspetto perché che mi è molto caro. Per prima cosa, non ci vuole molto per capire che siamo nell’ambito dei rapporti sociali legati ai sistemi economico-religiosi. In particolare, emergono in maniera molto chiara il disagio e la frizione, in termini sociali, che rappresenta l'imposizione del proprio sistema religioso e, di seguito, del proprio sistema economico (basato sulla schiavitù in epoca coloniale e sul salario in epoca più recente) a popolazioni che hanno già i propri.
Per le popolazioni indigene si è trattato di un completo ribaltamento culturale.
Senza entrare nel dettaglio delle pratiche magiche o delle credenze come effetti che ha prodotto l’imposizione del sistema religioso ed economico europeo sulla popolazione indigena, vorrei menzionare un divertente aneddoto, definito barocco dal suo autore Lévi-Strauss, che dovrebbe chiarire il ribaltamento della prospettiva di queste popolazioni al momento dello sbarco dei colonizzatori nel nuovo mondo:
«Nelle Grandi Antille, pochi anni dopo la scoperta dell'America, mentre gli Spagnoli spedivano
commissioni d’inchiesta per stabilire se gli indigeni fossero o no dotati di un'anima, questi ultimi si
occupavano di immergere i prigionieri bianchi sott'acqua per verificare, con una sorveglianza
prolungata, se il loro cadavere fosse o meno soggetto a decomposizione».
Al di là del pregiudizio etnocentrico di entrambe le società, c’è da chiedersi principalmente come abbia impattato l’introduzione forzata della monocultura in un sistema economico basato sullo scambio e sui rapporti sociali. Quali effetti ha portato la trasformazione del contadino precoloniale e preliberista in schiavo prima e salariato poi? Gli elementi che segnano il mutamento di prospettiva e determinano il meccanismo di sostituzione sono sostanzialmente due, frizione sociale e sincretismo religioso.
Ma cosa c’entrano con gli zombie?
Il decostruzionismo dialettico ha prima individuato e poi messo in evidenza come la rimozione dei rapporti sociali dai sistemi economici abbia sviluppato nell’immaginario collettivo una sorta di magia delle merci e degli oggetti.
Poi c’è un elemento più generale rappresentato da un cambio di prospettiva culturale agli inizi del ‘900 che interessa tutte le culture, soprattutto la nostra.
Si fa riferimento alla nascita dell’economia come scienza avulsa dal contesto sociale. Insomma, agli inizi del ‘900, l’economia inizia a perdere il valore di economia politica in senso aristotelico, laddove l’economia era considerata economia di persone e rapporti sociali e non economia intesa solo come scienza di indici e di grafici dotati di linea di tendenza.
Faccio un esempio concreto: se ho del denaro e voglio investirlo o acquistare delle azioni posso portarlo in banca e attendere che questo s’incrementi. Nel fare questo, generalmente non considero più che dietro il mio interesse c’è un fitto scambio di rapporti sociali ma osservo, come per magia, la mia percentuale e il denaro che si incrementa.
Il problema nel mio caso non si pone, dal momento che di denaro non ne ho. Ma, a parte facili battute, quello che voglio chiarire è che la percezione che il denaro, alla fine, sia un oggetto inanimato e la consapevolezza che sono i rapporti sociali tra le persone che lo incrementano, diviene ogni giorno più labile. La verità è che questo concetto, nella società attuale, passa in secondo piano in favore della magia di una fruttificazione del denaro.
Il simbolismo latente all’interno della nostra società mostra anche nella scelta dei termini l’animismo legato a questi aspetti.
Parliamo di bull market o di bear market per mercati in rialzo o in ribasso quasi a rappresentare il denaro come un essere animato che possa incrementare da sé la propria prole. Ci sono esempi diffusi che mostrano come un sistema ideologico, basato su questo grosso equivoco, mistifichi e feticizzi continuamente, attraverso varie simbologie, qualsiasi aspetto del nostro vivere quotidiano.
E i rapporti sociali, il lavoro, le persone?
Sì, perché sono sempre le persone il vero valore dei nostri sistemi.
Oggi, il mandato è chiaro, dalle persone dobbiamo difenderci. Ebbene la magia, il misticismo che scaturisce dalle merci unitamente alla cancellazione dei rapporti sociali e del concetto di alterità, e il sincretismo religioso arrivano a determinare quella frizione sociale particolare che determina l’ansia del diverso e la nascita di quello che, con una geniale intuizione, il libro L’alba degli zombie identifica e poi definisce chiaramente come il Monstrum post coloniale.
Sono rimasto impressionato da questa definizione che, con tre parole, sintetizza tutta una serie di relazioni storiche, antropologiche e sociologiche che culminano nel nostro vivere quotidiano.
Non mi dilungo su ciò che lo scontro di sistemi economici e sociali ha portato all’interno di queste culture, rituali, feticci, demoni, zombie, pratiche magiche varie. Una cosa è certa.
Il sistema preliberista delle popolazioni della filiera della canna da zucchero in Sud America e ad Haiti si basava sulle relazioni sociali, il sistema liberista (che i rapporti sociali li ha progressivamente rimossi tutti, in virtù della magia delle merci), ha imposto il proprio sistema religioso creando un Monstrum che per Haiti è diventato lo zombie.
Ma Romero si spinge più avanti. Questo processo simbolico di rimozione dell’alterità e di creazione della magia e successivamente del mostro, come illustra chiaramente il saggio con delle intuizioni geniali, si sposta progressivamente anche presso la nostra società.
I motivi? Esattamente quelli sopra descritti.
Arona riporta, a un certo punto del saggio, un passo di Paolo Zelati: «La notte dei morti viventi ha anche il merito di sottrarre il cinema horror per usare le parole di Carpenter “all’abbraccio mortale del gotico e di trasportare l’orrore che, sino ad allora, era quasi sempre stato ritratto e identificato in un luogo “altro”, direttamente negli Stati Uniti d’America».
Arona, Zelati e Carpenter si riferiscono all’estetica filmica e alle scelte artistiche ma questo periodo mi fa pensare all’operazione culturale, in senso sociale e politico, che esegue Romero nel far nascere gli zombie nella nostra rassicurante società dei consumi, mostrando come essa non sia immune al contagio culturale ma sia impregnata fino alle fondamenta da questo germe magico-economico.
Per Romero, diversamente da altri registi che hanno voluto raccontare lo zombie, non c’è un posto circoscritto in cui far nascere il mostro dell’alterità.
Anche la nostra società, è luogo «altro». La nostra società si prepara all’apocalisse psichica. La nostra cultura vede l’alba degli zombie e l’inanimato, ciò che è morto, come per magia inizia a muoversi e il male, lungi dall’essere l’ennesimo rapporto sociale (ovvero ciò che l’uomo può commettere nei confronti di un proprio simile), assume magicamente un valore ontologico.
Non solo. Lo zombie per alimentarsi ha bisogno di distruggere l’altro, di mangiarlo, di consumare. È animato da una fame inesauribile.
A pagina 77 del libro, ne L’alba degli zombie si legge: “Si sottolinea come terreno da conquistare, in una situazione di super-emergenza, sia ancora di natura squisitamente economica” parlando di un centro commerciale. Il diavolo, El Tio, presso le popolazioni in Sud America, lo zombie, presso le popolazioni di Haiti, il morto vivente nella nostra società, tutti diventano il simulacro dell’alterità negata e sublimata nella magia delle merci.
La paura dell’alterità diventa fobia del contagio.
La paura dell’alterità diventa fobia del contagio.
È evidente, nel saggio, come la zombificazione dei rapporti sociali sia una malattia culturale, la trasformazione di una classe sociale che sopravvive alla propria morte (senza rapporti sociali la società muore), la perpetuazione di un sistema basato sui consumi che impara a mangiare l’altro per sopravvivere. Ne consegue, come illustra Arona riprendendo il tema della teofagia, come il discorso verta sempre su questioni che sublimano l’aspetto religioso e pulsionale, a cui aggiungerei, se mi è consentito, partendo da questa sua calzante intuizione, quello economico.
In questo contesto, il contagio è la trasmissione di un morbo concettuale che viene «inoculato» nelle coscienze dalla mistificazione culturale che opera nella nostra società.
Concludo sperando di non aver annoiato e invitando chiunque legga queste mie laboriose righe a leggere questo saggio meraviglioso che, spiegando gli zombie, parla di noi.
(Luigi Bonaro)
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