giovedì 27 ottobre 2011

28 Giorni Dopo: London Calling, di Michael A. Nelson, Declan Shalvey e Nick Filardi (Comma 22)


“BE THANKFUL FOR EVERYTHING FOR SOON THERE WILL BE NOTHING”

Si sa che di fronte a prodotti editoriali che seguono la scia di franchise di successo, il rischio è sempre che, al di fuori del nome, esista poco della qualità del prodotto originale cui quel successo è dovuto.
Il franchise in questione è 28 Giorni Dopo, nato dallo splendido film diretto dal regista Danny Boyle (Trainspotting, Sunshine, Slumdog Millionaire; non vorrei ma devo menzionare anche The Beach) e scritto da Alex Garland, a cui è seguito il non troppo esaltante 28 Settimane Dopo, girato da Juan Carlos Fresnadillo.
Sgombro subito il campo da qualsiasi dubbio: non siamo davanti ad alcun atto di “lesa maestà” nei confronti dell’opera di Boyle. La qualità c’è.

Scritta da Nelson, disegnata da Shalvey e colorata da Filardi, la storia del fumetto si colloca nello spazio temporale tra i due film. Selena, una dei tre sopravvissuti di “Casa Worsley”, viene assoldata come guida dal giornalista americano Clint Harris. Destinazione: Londra, oltre i limiti della quarantena verso il cuore dell’infezione, per scoprire la causa del contagio. Comincia così un viaggio dove il pericolo non sarà rappresentato soltanto dagli infetti d’Inghilterra, velocisti e affamati come chi ha visto i film ben sa.
In conformità alla pubblicazione americana, London Calling dovrebbe essere il primo dei sei volumi che compongono le vicende di Selena.

Le premesse, per chi non fosse fan dei film, non appaiono come le più originali: una donna con un passato tragico e il senso di colpa della sopravvissuta guida un gruppo di ingenui nell’ultimo posto sulla Terra in cui bisognerebbe andare, con un conseguente gioco al massacro. Ma la verità è che, proprio quando ci si aspetta che la storia abbia preso dei binari arcinoti, Nelson sa piazzare dei colpi di scena in grado di ribaltare la situazione, e il bisogno di sapere come i protagonisti usciranno da un guaio peggiore dell’altro fa crescere l’attesa nei confronti del volume successivo.
Non ci troviamo di fronte a particolari stravolgimenti dei canoni del genere, ma l’autore dimostra di saper dare alla narrazione il giusto ritmo, senza alcun calo di tensione. Forse, una pecca che i fan del primo film potrebbero trovare sta nella scelta, almeno in questo primo volume, di privilegiare l’azione rinunciando alla contemplazione di quei grandi scenari abbandonati e silenziosi che erano la cifra stilistica dell’opera di Boyle (o almeno della prima metà).
Se i disegni di Shalvey fanno il loro ottimo lavoro, sono i colori freddi della tavolozza di Filardi, accesi solo dagli occhi iniettati di sangue degli infetti, a dominare le tavole. La luce livida e le tonalità spente ci ricordano a ogni passo (o vignetta) che l’Apocalisse è già avvenuta.
Una menzione speciale per la qualità va alle stupende copertine di Tim Bradstreet, in grado di rappresentare iconograficamente una perfetta Apocalisse in salsa punk anni ’70, ottimo richiamo al London Calling del titolo.

28 Giorni Dopo: London Calling non sconvolgerà il vostro universo, ma vi darà il grande piacere, con stile e giusta dose di tensione, di tornare nel Regno Unito, in mezzo agli infetti creati da Danny Boyle e Alex Garland.

(Marco Battaglia)



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