Si sa che di fronte a prodotti editoriali che seguono la scia di franchise
di successo, il rischio è sempre che, al di fuori del nome, esista poco della qualità
del prodotto originale cui quel successo è dovuto.
Il franchise in questione è 28 Giorni Dopo, nato dallo splendido
film diretto dal regista Danny Boyle (Trainspotting,
Sunshine, Slumdog Millionaire; non vorrei ma devo menzionare anche The Beach) e scritto da Alex Garland, a
cui è seguito il non troppo esaltante 28
Settimane Dopo, girato da Juan Carlos Fresnadillo.
Sgombro subito
il campo da qualsiasi dubbio: non siamo davanti ad alcun atto di “lesa maestà”
nei confronti dell’opera di Boyle. La qualità c’è.
Scritta da
Nelson, disegnata da Shalvey e colorata da Filardi, la storia del fumetto si
colloca nello spazio temporale tra i due film. Selena, una dei tre
sopravvissuti di “Casa Worsley”, viene assoldata come guida dal giornalista
americano Clint Harris. Destinazione: Londra, oltre i limiti della quarantena
verso il cuore dell’infezione, per scoprire la causa del contagio. Comincia
così un viaggio dove il pericolo non sarà rappresentato soltanto dagli infetti
d’Inghilterra, velocisti e affamati come chi ha visto i film ben sa.
In conformità
alla pubblicazione americana, London Calling
dovrebbe essere il primo dei sei volumi che compongono le vicende di Selena.
Le premesse, per
chi non fosse fan dei film, non appaiono come le più originali: una donna con
un passato tragico e il senso di colpa della sopravvissuta guida un gruppo di
ingenui nell’ultimo posto sulla Terra in cui bisognerebbe andare, con un conseguente gioco al massacro. Ma la verità è che, proprio quando ci si aspetta
che la storia abbia preso dei binari arcinoti, Nelson sa piazzare dei colpi di
scena in grado di ribaltare la situazione, e il bisogno di sapere come i
protagonisti usciranno da un guaio peggiore dell’altro fa crescere l’attesa nei
confronti del volume successivo.
Non ci troviamo
di fronte a particolari stravolgimenti dei canoni del genere, ma l’autore
dimostra di saper dare alla narrazione il giusto ritmo, senza alcun calo di
tensione. Forse, una pecca che i fan del primo film potrebbero trovare sta
nella scelta, almeno in questo primo volume, di privilegiare l’azione
rinunciando alla contemplazione di quei grandi scenari abbandonati e silenziosi
che erano la cifra stilistica dell’opera di Boyle (o almeno della prima metà).
Se i disegni di
Shalvey fanno il loro ottimo lavoro, sono i colori freddi della tavolozza di
Filardi, accesi solo dagli occhi iniettati di sangue degli infetti, a dominare
le tavole. La luce livida e le tonalità spente ci ricordano a ogni passo (o
vignetta) che l’Apocalisse è già avvenuta.
Una menzione
speciale per la qualità va alle stupende copertine di Tim Bradstreet, in grado
di rappresentare iconograficamente una perfetta Apocalisse in salsa punk anni
’70, ottimo richiamo al London Calling
del titolo.
28 Giorni Dopo: London Calling non sconvolgerà
il vostro universo, ma vi darà il grande piacere, con stile e giusta dose di
tensione, di tornare nel Regno Unito, in mezzo agli infetti creati da Danny
Boyle e Alex Garland.
(Marco Battaglia)
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