In anteprima il primo capitolo di "Londra tra le fiamme" di Joe R. Lansdale:
Nella casba di Tangeri, infagottato in un abito bianco pieno di macchie, Samuel Langhorne Clemens – meglio noto come Mark Twain, sudato come un gelato, sbronzo come un bonzoe fetente come un deficiente – se ne stava sdraiato su un materasso floscio da cui cadevano piume e polvere e, alla luce di una lampada, rifletteva sulla scomparsa delle proprie scarpe e sull’enfio cadavere di Huck Finn, la sua scimmietta. Huck giaceva sull’unico scaffale di quella minuscola topaia, tumefatto e ricoperto da grosse mosche bluastre. Dal culo gli ciondolava uno stronzo a forma di fico e altrettanto grosso, e la lingua che gli spuntava dalla bocca sembrava voler strisciare verso luoghi più sicuri. Indossava ancora – glieli aveva fatti infilare lui – il cappellino rosso col laccio sottomento e il panciotto verde, ma non c’era più traccia dei calzoncini scarlatti da cui, per questioni di spettacolo, sbucavano le chiappe nude.Twain non riusciva a capire perché ci fosse rimasto secco.Restava comunque il fatto che, per qualche arcano motivo, Huck era morto e senza brache e che, in un’ultima esplosione gastronomica, era riuscito a incollare quello stronzo a forma di fico su uno dei due soli libri sullo scaffale – Moby Dick –mentre la sua lingua protesa raggiungeva quasi l’altro volume, Ventimila leghe sotto i mari, scritto da un caro amico di nome Jules Verne.
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